Le peripezie dell'idea di educatore professionale
L'educatore non dovrebbe considerarsi il solo custode di conoscenze esclusive: educare è sempre stato il risultato dei rapporti tra individui.
Il professionista dell'educazione, dopo aver studiato, approfondito, e sperimentato sul campo, applica idee attraverso azioni progettuali, collaborando con altri professionisti e soggetti, per migliorare il contesto di vita delle persone. Queste azioni mirano a riabilitare l'individuo e il suo ambiente, aiutandolo a mantenere uno stato di benessere fisico e mentale adatto alla sua situazione, incoraggiandolo ad abbracciare un'esistenza attiva anziché rinunciarvi. La progettazione e le tecniche non sono semplicemente un'implementazione del senso dell'agire, ma costituiscono il suo fondamento.
Negli ambiti socio-sanitari, il focus che va per la maggiore riguarda l'incremento della funzionalità, l'implementare o il mantenere le autonomie residue dell'individuo in tutte le aree della vita, o in qualcuna di esse.
( io rimango attaccato al concetto di guarigione, non mi illudo che sia sempre possibile ma mi piace l'idea che sia sempre pensabile)
È essenziale considerare e intervenire sul contesto in cui l'individuo vive. Il DM 520/1998 ha definito l'educazione come parte integrante di un progetto terapeutico, svolto in equipe multidisciplinari, per favorire l'autonomia personale e sociale.
La formula introdotta dal decreto 145/2018, che permette l'impiego degli educatori socio-pedagogici anche in ambito socio-sanitario, mira a proteggere gli educatori da accuse di abuso professionale. Tuttavia, questa formula sembra ridondante, considerando che gli educatori sono già parte integrante dei progetti terapeutici, anche se non si occupano direttamente di pratiche sanitarie.
La principale differenza tra l'educazione socio-educativa e socio-sanitaria sembrerebbe essere la competenza nel favorire l'esito della riabilitazione fisica.
Tuttavia, considerando la complessità dei casi e la necessità di un approccio multidisciplinare, separare gli educatori in due categorie sembra superfluo.
Anche senza competenze dirette in riabilitazione fisica, gli educatori lavorano in equipe con professionisti sanitari, consentendo loro di concentrarsi sulla progettazione e l'aspetto pedagogico. La separazione tra educatori socio-sanitari e socio-pedagogici deve essere superata per favorire una maggiore mobilità professionale e evitare compartimenti stagni che, sebbene esistano più come sfumature differenti, soprattutto nella legislazione ma non nelle pratiche reali, non hanno una giustificazione concreta.
PS: 42 Ordini professionali TSRM-PSTRP di tutta Italia hanno impugnato il Decreto Interministeriale del 27 ottobre 2021, pubblicato sul sito internet istituzionale del Ministero della Salute in data 4 marzo 2022, avente ad oggetto la funzione e il ruolo dell’educatore professionale socio pedagogico negli ambiti socio-assistenziali, socio-sanitari e della salute previsto dall’art. 33 bis della Legge n 126 del 2020, nonché di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale. Nel decreto si ribadisce che gli educatori socio-pedagogici sono una professione non sanitaria, ma portatrice di competenze utili e riconosciute anche in ambito socio-assistenziale, socio-sanitario e della salute. Il mezzo d’impugnazione è costituito da un ricorso al Presidente della Repubblica (ex art. 8 e segg. D.P.R. n. 1199/1971) e nei confronti del Ministero della Salute; MIUR e Presidenza del Consiglio dei Ministri. Recentemente la Presidenza della Repubblica ha rigettato l'impugnazione dei 42 ordini professionali dichiarandola inammissibile