Teleprediche religiose
Benigni ha fatto teologia ebraico-islamica-cristiana divulgativa, con l'abilità dello scafato telepredicatore.
Qualche buona trovata, bisogna riconoscerlo, come condimento pescato dalla tradizione ebraico-cristiana, contraddizioni mascherate dalla affabulazione retorica, ma la ciccia della polpetta è totemica: Dio c'è come presupposto, punto e a capo, non è un'esclusiva di Benigni. La religione - di cui una definizione di sintesi: il potere che attribuiamo al puro sifgnificante d-i-o, il quale ci in-forma su cosa e come pensare (agire compreso) per sedare l'angoscia individuale - ha sempre tirato.
Che stia trionfando, la religione, come diceva Lacan?
Anche Dacia Maraini l'ha ultimamente invocata come difesa, assieme alle ideologie, dallo scatenarsi incontrollato dell'"istinto primordiale": lo scimmione chè in noi va represso, sublimare, sublimare, l'alto = razionale deve sublimare il basso = irrazionale e istintivo, la religione platonizzante travestita da Freudismo, se la son bevuta in tanti.
Benigni fa sincretismo ebreo-islamico, ma la dose della religone dura e pura, cioè l'islam, è una spolverata.
E poi i talkshow perdono colpi e gli spettatori soffrono le emozioni interrotte dalla pubblicità a singhiozzo.
Ma è l'effetto sedativo della valanga di senso che ci arriva addosso a far peso e volume.
Nella seconda serata Benigni ha ripiegato sulle solite banali ramanzine rivolte al sessuofobismo della chiesa cattolica, che non è esente, ma non diversamente di altre religioni o agenzie educative o psicoterapiche; qualche applicazione moralista dei comandamenti solleticante le masse, reprimende da partito degli onesti, dalla parte del buon popolo indignato, ma tant'è, nel paese con dosi massicce di corruzione percepita che volete che dica Benigni? La coscienza poi , cioè la servetta che dovrebbe solo svolgere il suo umile compito senza pretese egemoniche, nella telepredica di Benigni, mantiene l'arrogante posizione usurpatrice, ma dato che sono secoli di questo andazzo si può farne una colpa al saltimbanco toscano? Infine sull'andare oltre la legge, per far posto all'amore del prossimo, non si può che registrare il solito passaggio dal significante dio al significante amore. Tanto ammoore e tutto gira, come la luna attorno al sole. Fino a che non fa inevitabilmente capolino un sintomo che ci rivela che qualcosa non va. Ma religione, anche quella dell' amore ( quella che ama tanto tanto e disinteressatamente) serve a questo, a non farci accorgere di quel qualcosa che non va. E non è da ieri che siamo inchiodati a questo a-muro.(1) In fondo la tv può essere vista come la congiunzione di reale e trascendente, gli americani l'hanno capito prima di noi, abbiamo importato tante cose dagli USA la telepredica è solo l'ultima.
Ma voglio cavare un pò di sangue da questa scoppiettante rapa: la legge per l'uomo, non l'uomo per la legge. Accendere un faro su una legge, non statale, che ci riguarda personalmente e universalmente, prima dello stato di diritto, in tempi di kili di misericordia a prescindere, dal lato dell'offerta "divina", non è poi così disdicevole.
( Le cosiderazioni di questo paragrafo valgono soprattutto per la prima puntata.)
(1) il copyright del gioco di parole, come altre idee di questo pezzo sono prese dal lavoro di Giacomo Contri, altre ancora dalla lettura de "il trionfo della religione" di Jacques Lacan
Qualche buona trovata, bisogna riconoscerlo, come condimento pescato dalla tradizione ebraico-cristiana, contraddizioni mascherate dalla affabulazione retorica, ma la ciccia della polpetta è totemica: Dio c'è come presupposto, punto e a capo, non è un'esclusiva di Benigni. La religione - di cui una definizione di sintesi: il potere che attribuiamo al puro sifgnificante d-i-o, il quale ci in-forma su cosa e come pensare (agire compreso) per sedare l'angoscia individuale - ha sempre tirato.
Che stia trionfando, la religione, come diceva Lacan?
Anche Dacia Maraini l'ha ultimamente invocata come difesa, assieme alle ideologie, dallo scatenarsi incontrollato dell'"istinto primordiale": lo scimmione chè in noi va represso, sublimare, sublimare, l'alto = razionale deve sublimare il basso = irrazionale e istintivo, la religione platonizzante travestita da Freudismo, se la son bevuta in tanti.
Benigni fa sincretismo ebreo-islamico, ma la dose della religone dura e pura, cioè l'islam, è una spolverata.
E poi i talkshow perdono colpi e gli spettatori soffrono le emozioni interrotte dalla pubblicità a singhiozzo.
Ma è l'effetto sedativo della valanga di senso che ci arriva addosso a far peso e volume.
Nella seconda serata Benigni ha ripiegato sulle solite banali ramanzine rivolte al sessuofobismo della chiesa cattolica, che non è esente, ma non diversamente di altre religioni o agenzie educative o psicoterapiche; qualche applicazione moralista dei comandamenti solleticante le masse, reprimende da partito degli onesti, dalla parte del buon popolo indignato, ma tant'è, nel paese con dosi massicce di corruzione percepita che volete che dica Benigni? La coscienza poi , cioè la servetta che dovrebbe solo svolgere il suo umile compito senza pretese egemoniche, nella telepredica di Benigni, mantiene l'arrogante posizione usurpatrice, ma dato che sono secoli di questo andazzo si può farne una colpa al saltimbanco toscano? Infine sull'andare oltre la legge, per far posto all'amore del prossimo, non si può che registrare il solito passaggio dal significante dio al significante amore. Tanto ammoore e tutto gira, come la luna attorno al sole. Fino a che non fa inevitabilmente capolino un sintomo che ci rivela che qualcosa non va. Ma religione, anche quella dell' amore ( quella che ama tanto tanto e disinteressatamente) serve a questo, a non farci accorgere di quel qualcosa che non va. E non è da ieri che siamo inchiodati a questo a-muro.(1) In fondo la tv può essere vista come la congiunzione di reale e trascendente, gli americani l'hanno capito prima di noi, abbiamo importato tante cose dagli USA la telepredica è solo l'ultima.
Ma voglio cavare un pò di sangue da questa scoppiettante rapa: la legge per l'uomo, non l'uomo per la legge. Accendere un faro su una legge, non statale, che ci riguarda personalmente e universalmente, prima dello stato di diritto, in tempi di kili di misericordia a prescindere, dal lato dell'offerta "divina", non è poi così disdicevole.
( Le cosiderazioni di questo paragrafo valgono soprattutto per la prima puntata.)
(1) il copyright del gioco di parole, come altre idee di questo pezzo sono prese dal lavoro di Giacomo Contri, altre ancora dalla lettura de "il trionfo della religione" di Jacques Lacan