Questo "dagli all'immigrato" è un brutto andazzo

Questo "dagli all'immigrato" è un brutto andazzo,  il rogo di un campo, gli episodi di Torsapienza, come ogni fatto violento, non sono acting-out,  che non esistono,  c'è pre-meditazione, ma a cosa?


Chi ha letto qualcosa  sui prodromi del nazionalsocialismo sá che l'altro da se  il  diverso - quando certe sciagurate politiche lo relegano, o è lui stesso ad auto-relegarsi,  a elemento anomalo del vivere civile, soprattutto in tempi di crisi economiche - può prendere anche le sembianze dell'ostacolo alla realizzazione di illusioni o  come causa prima delle proprie frustrazioni,  la cui eliminazione è condizione per la palingenesi di una civiltà, che tende a ristabilire, anche con il richiamo a elementi mitici,  la sua presunta purezza originaria.


Succede, può succedere, che quando il singolo medita e rimedita la sua insoddisfazione, la sua rivendicazione, la sua rabbia, giacchè non vede realizzarsi i suoi sogni - magari corroborato anche da episodi fastidiosi, certo, ma spesso marginali e del tutto sovrastimati come dannosità per la propria vita di relazioni, e comunque non ascrivibili tout court a un'intera etnia - capita che un evento collettivo, o le frasi di certa propaganda, facciano da innesco;  come fosse la scintilla che fa' esplodere un gas che già pervade, come nube,  i pensieri dei singoli, così da passare dalla fase down alla fase up, dalla triste insoddisfazione solitaria all'esaltazione nella massa, che ha finalmente  trovato il nemico, la causa delle insoddisfazioni, il capro che deve espiare con il sacrificio cruento o con la sparizione.


Esistono però anche certi razzismi alla rovescia, che pensano allo stesso modo l'etnia,  come un corpo solo, una specie di leviatano, stavolta però da difendere in blocco, sempre e comunque.    Anche se alcuni dei suoi membri si comportano nel modo più incivile, fino a delinquenziale, questi razzisti al contrario sono pronti  giustificare ogni atto di inciviltà con l'argomento che chi lo compie é talmente vittima che non potrebbe fare altrimenti, o che loro si "esprimono" solo così: è nella loro cultura ( la cultura dell' inciviltá come valore )  o addirittura nella loro natura.
Tra i missionari del valore assoluto della diversità etnica a prescindere dagli atti, aleggia una sorta di segreto, ma mica tanto, godimento; nel vedere rappresentato, proprio negli atti delinquenziali,  quello spirito di di rivolta che c'entra meno con la politica o l’economia e più con la loro dissestata storia famigliare.


Si affiancano ai precedenti anche i talebani della misericordia a prescindere.
La miscela tra i primi e i secondi non è così esplosiva e pericolosa come quella messa in circolo da chi, purtroppo, con grande dolo e nocumento, incendia i campi rom e assalta centri per immigrati,  ma non contribuisce  certo a calmare l’incendio, anzi lo alimenta.


Sono loro che non vogliono partecipare al vivere civile con casa di mattoni, lavoro, scuola ecc..? o è buona parte della popolazione che li tiene lontano, non li vuole morti, ma preferisce che stiano alla larga, li isola, li relega nei loro sporchi e poco confortevoli campi e centri di segregazione, perché rubano, fanno cattivo odore, si vestono in modo sgradevole, infastidiscono con le loro pressanti e lamentose richieste di elemosina ?  Mi sembra come il quesito se è nato prima l'uovo o la gallina.


Presa dal lato di ciò che fanno i reietti di etnia rom, c'è da osservare una propensione al vittimismo che, se anche non riguarda l'intera popolazione, aleggia come uno spettro nelle inflessioni e nei toni di moltissimi dei soggetti che vi appartengono.    Bisognerebbe estirpare questo elemento, o piuttosto favorire in qualche modo la caduta di questa  teoria.    Bisognerebbe prima di ogni cosa invitarli a lavorare sulla loro inflessione vocale, per affrancarsi da questo tono lamentoso e ricattatorio, poi dargli a credito abiti eleganti, suggerirgli di fare imprese o cooperative, comunque invitarli caldamente a procurarsi una istruzione e un lavoro, dando pure tutte le agevolazioni possibili ;  non assisterli ma investire su di loro.  L'offerta di aiuto non deve essere senza limite ; come il buon samaritano bisognerebbe non farne l'industria della carità pelosa, dell'assistenza cronica a prescindere da una mossa che segue a un credito o un simbolo permanente di rivendicazione dei diritti, da usare come arma nella lotta partitica.


La mossa, che conviene operare a tutti,  é l'abbandono e la caduta di una teoria che, una volta assunta, fissa ad un ruolo o funzione,  quella teoria che può assoggettare un’intera etnia che si trova  costretta a mostrare e perpetrare la vittima, perciò la colpa del carnefice; a mostrare e pepetrare il parassita disturbante, perciò la violenza di chi vuol liberarsi di esso, entrambi fissati nei loro rispettivi ruoli.


La mossa che va richiesta e attesa è quella di chi almeno comincia a desiderare di stare bene e procurarsi da vivere senza necessità di inscenare vittimismo pretenzioso, di praticare il crimine o vivere da furbi alle spalle degli altri.


Ma se l'altro, a questa offerta e a questi inviti non ci sta, se l'altro non vuole aderire e non prende occasione per cambiare? Se l'altro su cui seriamente investiamo se ne infischia e continua bellamente a far la vita di prima, a delinquere o rendere la vita impossibile agli abitanti di un quartiere, che si fa? Beh, dopo avere fatto tutti i tentativi del caso, allora, in uno stato di diritto, non si può che invocare l'intervento delle forze dell'ordine pubblico costituito, la giustizia fai da te è nell'ordine del diritto, ma non di quello dello stato. Altrimenti sono guai.

Andrea Gualandi

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