DSM, neuroscienze e il nuovo oscurantismo
L’evoluzione,
o meglio l’involuzione, delle diagnosi in campo psicologico e psichiatrico, che
significa poi giudizio chiaro e distinto sulle diverse forme di psico-patologia[1], la vediamo nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental
Disorders (DSM); tale prodotto editoriale
è logica e necessaria conseguenza del tradimento operato ai danni del lavoro di
Sigmund Freud e di qualche suo degno erede.
Nella
sostanza si tratta di un’episodio nella lunga e continuata opera di
de-imputazione del soggetto, che significa anche de-moralizzazione. (funziona
in entrambi i sensi). Lunga perché dura
quasi quanto la storia del pensiero. Jacques
Lacan lo ha segnalato: “Freud ha fatto
rientrare la psicologia nell’ambito della morale”. Giacomo Contri lo ha ribadito, è di ieri una
sua frase: “La psicopatologia non è
miracolabile, è patologia della libertà.”
Tolta l’imputabilità al soggetto, dato che esso si muove, non è una pietra ne una pianta, diviene pensabile solo come macchina (il cyborg) o come animale. (anche San Tommaso con “l’animale razionale” rimane a metà del guado) Invece di continuare a lavorare nel fruttuoso campo delle chiare e distinte categorie diagnostiche, quali: nevrosi, psicosi e perversione, cosí come era stato preparato da Freud, i più hanno preferito rinnegarle.
Concetti
quali “disagio”, “disturbo”, “sindrome”, predominanti nel DSM, per come oggi
vengono interpretati, alzano davanti allo sguardo di chi deve effettuare una
diagnosi una cortina fumogena tale da indurre chiunque, in un momento di
sincerità, a dover ammettere di non capirci piú niente.
Inascoltato da tanti, Freud aveva immaginato e auspicato la caratteristica dei suoi eredi: “ voglio difendere la psicoanalisi dai medici e dai preti. Vorrei consegnarla a una razza che ancora non esiste, una razza di curatori di anime laici, che non abbiano bisogno di essere medici e si autorizzino a non essere preti” (Freud, al Pastore Pfister, 1928).
Posto il mio plauso ai medici sanno riconoscere i limiti della loro professione e la svolgono con accuratezza, come ai preti non malati di clericalismo, è una difesa di cui ancora oggi si sente l’urgenza, una difesa da un attacco che è ancora in atto: gli psicologi e gli psicoanalisti sono accusati di scarsa scientificità, nel loro operare, dalle teorie di una scienza ora di moda: la neuro-scienza; non è che l'accusa sia nuova ma alcuni psicologi e psicoanalisti vedono in ciò, non di buon occhio, l'affermarsi della neuroscienza come problema perchè troppo poco umanista.
Ma non
è che ci sia troppa scienza poco umanista, al contrario: ce ne è troppo poca, di
scienza, poiché quella che sembra essere tale mi pare più ideologia e clericalismo
non religioso; non nella rilevazione strumentale che fotografa il fatto, ma nelle interpretazioni di inferenze e/o induzioni successive che
pretendono di darsi ragione delle cause di quei dati rilevati, identificando il funzionamento delle leggi della fisica e
della biologia con il pensiero (dire umano è pleonastico) , il quale invece non ha leggi date a priori, men che meno quelle della natura.
Charcot aveva
aperto gli occhi a Freud mostrando che le donne in cura nella sua clinica non
erano possedute dal demonio, nè le contratture, gli svenimenti e gli archi
isterici erano diretta conseguenza di danni neurologici; bensì esse stavano drammattizzando “ad arte”, mostrandone i sintomi, i conflitti, le contraddizioni del
loro pensare, le irresoluzioni dei loro desideri; a partire da un'allenza perversa con chi le aveva ingannate, stavano ingaggiando una lotta con i fantasmi che avevano
loro stesse prodotto e dai quali poi si sentivano, ed erano, soggiogate.
Una certa struttura cerebrale e/o un dato patrimonio genetico, così come lo era il demonio o le occulte forze maligne, sarebbero la causa diretta e necessaria di un certo agire o di un certo modo di pensare. Per cui ci sarebbe, secondo queste teorie, il gene della violenza oppure il gene della bontà e altre amenità simili e la tendenza al crimine come alla generosità dipenderebbe dal patrimonio genetico.
Le terorie neuroscientifiche ci riportano a quell'oscurantismo dal quale dicono di volerci affrancare
Tra l’altro, a proposito delle influenze demoniache, la dottrina della chiesa, anche in presenza di qualche equivoco, non ha mai seriamente messo in discussione il libero arbitrio, quindi non è un ritorno a quell’oscurantismo, è peggio.
Andrea Gualandi
[1]
So che la parola psicopatologia induce qualcuno a fuggire inorridito, chi lo fa non ha proprio tutti i torti, quando accade a causa del significato che questo termine oggi si porta dietro.
So che la parola psicopatologia induce qualcuno a fuggire inorridito, chi lo fa non ha proprio tutti i torti, quando accade a causa del significato che questo termine oggi si porta dietro.
Più popolarmente, nei suoi effetti, significa che una persona:non sta bene nella sua pelle, ha pensieri di troppo che la assillano, che poi assilla gli altri con questi pensieri, non dorme di notte o dorme molto male, compie delle azioni che non vorrebbe ma continua a compierle ancora e ancora, compulsivamente, intraprende relazioni con soggetti dell'altro sesso che immancabilemte poi manda in malora ( non sono esclusi i matrimoni che si trascinano per opportunismo raccontandosi balle tipo: la tomba dell'amore o simili), vede cose che non ci sono (allucinazioni visive), sente le voci (allucinazioni uditive) , pensa e agisce in conseguenza del presupposto che gli altri ce l'hanno con lei, si sente sempre o molto spesso giù, triste, stanca, malinconica, che ha di frequente un’emicrania non dovuta a cause organiche, avverte spesso impulsi irrefrenabili a commettere atti criminosi, o comunque offensivi, passa all'agire questi impulsi, parla con tono lamentoso e/o accusatorio, ha sempre bisogno di distrarsi perché se si ferma un’attimo cade in preda a una terribile angoscia, quando fa un lapsus non vuole proprio saperne che si tratta del suo pensiero e crede che sia solo a un'inceppo della parola, uno stupido errore, non si accorge mai quando qualcuno palesemente lo sta ingannando o prendendo in giro, si offende per ogni piccola critica e osservazione che va ledere l'ideale che ha di se stessa, si crede in dovere di dire la sua o di compiere un gesto perchè la sua coscienza morale lo obbliga, anche se il dire e il gesto è svantaggioso e insoddisfacente, crede che il suo tacere sia a causa del timore del giudizio altrui, pensa che ogni problema di rapporto con gli altri debba essere risolto con codice civile o penale alla mano, si pensa, quindi si pone, come vittima della società, dello stato, della sua famiglia di origine, di quella attuale, interpretando quel ruolo come arma contundente verso il suo prossimo, ha pensieri costanti tipo: ormai non c'è più nulla da fare, gli anni migliori sono alle spalle, una volta sì che mi divertivo, molto meglio essere degli animali della foresta, loro sì che sono liberi, sarebbe meglio non capire niente per non soffrire, si dice vabbè, ci penserò domani, parla in modo scomposto e incomprensibile, fa dicorsi la cui conclusione è sempre incerta e dubbiosa, ha smesso di porsi delle mete soddisfacenti, ha un giudizio sempre labile e incerto, fa del dubbio sistematico uno stile del suo discorrere, fa dipendere la validità del suo giudizio dal consenso dell'altro, ecc… e tanti altri fatti del genere